di Piero Maroni
Nato a Rimini nel 1847, frequentò il Politecnico di Milano dove nel 1872 si laureò in Ingegneria, nello stesso anno si sposò con Adele Ruffi, figlia di Ercole, a quel tempo amministratore della tenuta Torre di proprietà dei Torlonia di Roma, che nel 1876 lo associò alla conduzione finché nel 1885 ne divenne l'unico affittuario.
Dotato di grande ingegno e competenza fu un indiscusso protagonista del rinnovamento agricolo nella Romagna dell'Italia post-unitaria con l'introduzione di nuove colture (cocomeri, meloni, barbabietola da zucchero, pomodori), di nuovi vitigni per migliorare la produzione di vini che in pochi anni invasero il mercato, fra cui il famoso Champagne la Tour, che attirò le ire dei francesi che ne chiesero la soppressione in quanto il marchio era loro prerogativa, introdusse nuovi concimi per la terra e nuovi antiparassitari per le viti e le piante da frutto, sviluppò ai massimi livelli l'allevamento con la creazione della Razza Bovina Gentile Romagnola che, alla Esposizione di Parigi nel 1900, conquistò il I° premio col famoso toro Ceccone e le vacche Bianca e Flora, tanto che da allora da tutta Europa accorsero compratori alla Torre.
L'epoca del Tosi fu senz'altro il periodo più florido della tenuta, bonificate le paludi verso il mare, si arrivò ad ottenere 142 poderi, sui quali presero dimora altrettante famiglie in case coloniche efficacemente restaurate e con un contratto di mezzadria che prevedeva la divisione dei beni prodotti al 50% con la parte padronale.
La tenuta si estendeva per circa 2.000 ettari, vi lavorano 1.500 addetti perfettamente organizzati e divisi in diversi settori con a capo esperti coadiuvati da collaboratori e addetti vari.
Non fu però semplice per il Tosi introdurre le nuove coltivazioni in una realtà contadina da sempre usa alla tradizione, furono così aggrediti gli operai che con le pompe irroravano le viti con l'allora sconosciuto solfato di rame, si temeva avvelenasse l'uva, si presero d'assalto e si distrussero i semenzai in cui crescevano le piantine del tabacco, era un prodotto sconosciuto che avrebbe portato solo miseria. Ma il Tosi non si lasciava spaventare e sempre gli arrise il successo.
Le condizioni economiche dei mezzadri erano sensibilmente migliorate, i tempi in cui si era costretti a fare ricorso agli strozzini per reperire le derrate alimentari per arrivare al raccolto successivo, erano scomparse, tanto che quando tra l'8 e il 900 in tutta Italia, e soprattutto l'Emilia-Romagna, divamparono sanguinose proteste contro il governo per le misere condizioni di vita in seguito alla tassa sul macinato, alla Torre la situazione era di relativa calma, le lotte per le rivendicazioni salariali non davano mai luogo a fenomeni violenti. Il Tosi era consapevole delle difficoltà che incontravano coloni e braccianti e comunicava alla parte padronale la necessità di rivedere i patti colonici e aumentare la paga giornaliera ai braccianti, ma i Torlonia opponevano sempre un secco rifiuto, tanto che il Tosi concesse aumenti di tasca propria, cosa questa che si attirò le ire del principe Giovanni, che alla scadenza del contratto nel 1919, non lo rinnovò al genero Briolini, ma preferì sostituirlo con il marchese Giuseppe Di Bagno.
Leopoldo Tosi fu sindaco di San Mauro dal 1890 al 1896, dal 1897 al 1903, dal 1914 al 1916. Il suo carisma era tale e da tutti riconosciuto, fra le tante opere merita un particolare rilievo la realizzazione dell'acquedotto finanziato in gran parte dai Torlonia che si assunsero il costo per l'escavazione di 3 pozzi a sinistra dell'Uso e consentirono gratuitamente che l'acqua fosse convogliata nel paese attraverso le tubature che il Comune aveva predisposto.
Ci fu però un periodo tra il 1903 e il 1907 in cui la vita a San Mauro fu sconvolta da lotte feroci e turbolente passioni, i socialisti avevano ottenuto la maggioranza dei seggi nel Consiglio comunale, Tosi si dimise da sindaco e nella nomina del nuovo medico condotto venne scelto il quarto della graduatoria, il dott. Alfredo Carbonetti, attivista socialista, anticlericale e mangiapreti. Fu come spalancare le porte dell'inferno, le polemiche si tinsero di fuoco, i toni si fecero altissimi, da una parte tutto il mondo della chiesa e del Tosi con l'aiuto pesante degli organi istituzionali: carabinieri, polizia e prefettura, decisamente avversi ai socialisti e determinanti nel consentire ai “partiti dell'ordine” di riconquistare il potere amministrativo per licenziare l'odiato medico che godeva del sostegno di molta parte della popolazione.
Alla fine fu decisiva l'autorità del Tosi, che scese nuovamente in campo nella sfida elettorale, conquistò la maggioranza, fece estromettere il medico e quando licenziò due coloni della sua tenuta che avevano aderito alle 500 firme che il comitato pro Carbonetti aveva raccolto, le vicende presero un'altra consistenza, la protesta si affievolì e si spense del tutto con le elezioni del 1907 quando il Tosi candidò nelle sue fila nientemeno che Giovanni Pascoli, da anni suo grande amico e della cui amicizia è rimasto un importante carteggio. I socialisti stupiti e sconcertati perché persuasi della fede socialista del poeta, nel trovarselo invece avversario, deposero le armi e nel nuovo Consiglio di 15 seggi, solo 2 furono i loro eletti. Tanto ancora ci sarebbe da dire sul Tosi e dei tanti riconoscimenti di cui fu gratificato, citeremo i più importanti: Cavaliere del merito agricolo di Francia, cittadino “honoris causa” di San Mauro con pergamena dettata da Giovanni Pascoli e Cavaliere del lavoro.
Gran parte era dovuto certamente del suo ingegno e studio, vi è però da evidenziare la disponibilità, continuamente dimostrata, a non chiudersi nel suo particolare per godersi i frutti del lavoro, delle mete conquistate e dell'opulenza raggiunta, ma l'aprirsi e il tuffarsi nella vita reale della comunità degli esseri viventi a costo di sacrificare il privato, con larghe vedute e costante volontà di modificare la realtà esistente indirizzandola verso più alte mete.
Un grande personaggio, l'autentico “dominus” di quegli anni inquieti.
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