SAN MAURO PASCOLI - Ci sono voluti nove Processi e l'uomo dell'8 settembre 1943 per arrivare a un verdetto di colpevolezza. Per la prima volta, infatti, il tribunale popolare di San Mauro Pascoli ha alzato il pollice verso il basso, ritenendo Pietro Badoglio "l'uomo sbagliato al posto sbagliato nel momento sbagliato" (parole dell'accusa). Passi salvare il Passatore di Romagna nobilitato dal Pascoli (2002), assolvere la Romagna di Benito Mussolini (2004), farla spuntare di misura al "rosso" (in terra di sinistra) Palmiro Togliatti (2008), ma Pietro Badoglio proprio no. Il suo nome, più vicino ai palazzi romani e al Piemonte sua terra d'origine, è ancora troppo legato alle ferite di quell'8 settembre definito da alcuni storici "la morte della patria". Il verdetto sammaurese, d'altronde, è stato sin troppo esplicito: colpevole con 219 voti, contro 77 a favore (oltre un centinaio non hanno voluto esprimersi). E così il presidente del tribunale, il sindaco Miro Gori, per la prima volta ha dovuto emettere il giudizio di colpevolezza nella serata organizzata da Sammauroindustria.
Un verdetto tutt'altro che scontato a vista l'agguerrita difesa messa in campo. Lo storico Maurizio Ridolfi, introducendo quegli anni, aveva ammonito sul rischio di far prevalere le "emozioni" su un periodo storico ancora troppo sentito da tanti italiani. Emozioni che puntualmente sono affiorate nel testimone dell'accusa, Pietro Vaenti, 94enne cesenate, ancora lucidissimo, uno che ha subito sulla propria pelle l'operato di Badoglio: in armi in Grecia, all'annuncio dell'Armistizio si trovò senza riferimenti, perseguitato dagli ex compagni d'armi tedeschi. "Badoglio è l'emblema del vuoto etico di un'intera nazione". Diversa e personale la testimonianza del nipote del Maresciallo, Gian Luca Badoglio, che si è detto "fiero di personaggi come Vaenti e come mio nonno: l'Italia oggi deve molto a entrambi". Difendendo l'operato del Maresciallo a Caporetto e ricordando il rapporto non proprio idilliaco col fascismo ("ebbe la tessera del partito solo nel '36 e ad honorem"), sull'8 settembre ha ricordato una vicenda familiare: "Ricordo che mio nonno non volle che mio padre lo seguisse a Brindisi per non dare pubblicamente l'impressione che volesse salvare la famiglia lasciando il resto del paese allo sbando. Mio padre pagò questo con la deportazione e il campo di concentramento".
Poi le arringhe di accusa e difesa. Durissima quella di Aldo Ricci, collegato via telefono con San Mauro a causa di un impedimento. Il Sovrintendente dell'Archivio centrale dello Stato non ha risparmiato nulla al Maresciallo, definito "l'uomo sbagliato al posto sbagliato nel momento sbagliato. Non sempre, ma almeno in due casi decisivi per la sorte del nostro Paese: la notte di Caporetto e i 45 giorni successivi al 25 luglio, che portano dritti all'8 settembre, ma in particolare alla notte tra il 7 e l'8, quando, si raggiunse la farsa, e a quella tra l'8 e il 9, quando il trasferimento del governo al Sud assunse i caratteri di un 'si salvi chi può'. In entrambi i casi Badoglio andò a dormire. E quando si svegliò, all'alba del 9 settembre, fu solo per andarsene, lasciando mezzo governo all'oscuro e le forze armate senza ordini. E questo per un uomo che ha responsabilità da cui dipendono le vite di decine o centinaia di migliaia di uomini, oltre che dell'intero paese, è una colpa gravissima". Rimarcando: "Badoglio si è dimostrato uomo adatto ad affrontare situazioni normali, quando aveva tempo e mezzi a disposizione e poteva fare sfoggio della sua precisione burocratica. Ma nelle circostanze eccezionali ha fallito, cercando sempre di addossare ad altri le sue responsabilità. Inoltre si è dimostrato più volte un opportunista, pronto a voltare le spalle a chi si era impegnato per lui". Questa la sua chiusura: "L'8 settembre non ha precedenti nella storia nazionale e anche nella storia degli altri paesi non si trovano casi paragonabili. Per Badoglio non può esservi quindi che una condanna senza attenuanti".
Altrettanto vivace la difesa di Aldo Mola, che ha chiesto di "esaminare il 'Caso Badoglio' in una visione di lungo periodo, con equanimità, prospettiva storica e la necessaria penetrazione psicologica. Come nel caso dei quarantacinque giorni, dove Badoglio si trovò sulle braccia la catastrofe della guerra, con l'Italia che aveva il grosso delle sue forze armate disseminate al di fuori del territorio nazionale. In quel contesto anche Badoglio mostrò limiti anche gravi, ma peggiori furono quelli dei capi di partito che rifiutarono di collaborare con il suo governo per scaricare sulla Corona il peso della sconfitta". In definitiva: "Badoglio non fu il migliore degli Italiani? Certo. Ma non fu neppure il peggiore. Se non esaltazione, merita rispetto. La sua vicenda rispecchia fedelmente un Paese giunto tardissimo all'unità e subito ambizioso di affermazioni al di sopra delle disponibilità, buttatosi a capofitto nella Grande Guerra, generatrice di tutti i guai seguenti che videro i politici scaricare sui militari la propria inettitudine". Questa la richiesta della difesa: "Non chiedo l'assoluzione per Badoglio bensì la sospensione del giudizio. Riparliamone tra dieci anni, quando i tempi saranno ancor più maturi per un giudizio sereno".
E qui il pubblico ha iniziato ha rumoreggiare ed a fischiare apertamente l'oratore, dando una chiara indicazione di voto. Che è arrivato pochi minuti dopo con la condanna del Maresciallo Pietro Badoglio.
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