Leggendo la notizia del ritorno della salma di Vittorio Emanuele III in Italia, mi è affiorata alla mente la conclusione del film La marcia su Roma (1962) di Dino Risi. Le camicie nere, con in testa i quadrumviri, sfilano al cospetto del re che sta sul balcone assieme ad Armando Diaz e un altro ufficiale. Sulle immagini risuona questo dialogo. Il re: “Crede che mettiamo il paese in buone mani? Mi dica il suo parere perché siamo in tempo a sbatterli fuori, neh”. Diaz: “Spassionatamente, maestà, mi sembra gente seria”. Il re: “Ma sì, proviamoli per qualche mese”. Sappiamo com'è andata e sappiamo pure che il film La marcia su Roma è una commedia. Il che rende ragione di un epilogo ironico. Ma la commedia italiana oscilla tra farsa e dramma e i picchi tragici nel film non mancano.
Torniamo al re che, per farla breve, avallò l'ascesa della dittatura fascista e la accompagnò nelle sue imprese più nefaste e criminali fino alla vergogna assoluta delle leggi razziali e la guerra che Mussolini si vantava, all'inizio, cinicamente, di poter vincere in fretta col sacrificio di qualche migliaio di soldati. Le “imprese” del re ebbero anche un “degno” e ignominioso epilogo: la fuga dopo l'armistizio, lasciando allo sbando l'Italia e l'esercito. Con qualche analogia col suo ex sodale Mussolini che fugge travestito da soldato tedesco ma - al contrario del re che riesce a rifugiarsi presso gli alleati - viene catturato dai partigiani e fucilato. Se dunque è ragionevole e umano che tale personaggio ritorni Italia post mortem, resta discutibile che abbia viaggiato con un volo dell'aeronautica italiana cioè a spese di noi contribuenti; e assolutamente irricevibile che, come si chiede da parte degli eredi, venga accolto a Roma nel Pantheon.
È questa una vicenda che ci rimanda alla questione della memoria storica nazionale che, a causa dell'ambiguità postbellica, non è stata ancora risolta. Quando, pur proclamando con un referendum la fine della monarchia e la scelta repubblicana e promulgando una bellissima costituzione antifascista, in fondo i conti col passato non sono stati regolati. Non è stato stabilito nei fatti chi fosse dalla parte giusta o sbagliata. E probabilmente sarebbe bastata una semplice ammissione di colpa e pubblica richiesta di perdono da parte dei principali esponenti fascisti. Così non è stato. L'obbiettivo di una memoria condivisa, purtroppo, è ancora lontano.
Gianfranco Miro Gori
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