FIUME. Si chiama Uso. Scorre nel territorio sammaurese sul lato di Rimini. Coi fiumi vicini, Fiumicino e Pisciatello-Urgòn, ha disputato a lungo per ottenere la qualifica di Rubicone. Quello vero. Che Cesare attraversò consegnandolo - quel modesto, dal punto di vista quantitativo, corso d'acqua - alla grande storia e trasformandolo in un simbolo urbi et orbi. La tenzone s'è risolta, come si sa, a favore del Fiumicino che solca Savignano. Poco meno di anno e mezzo fa, il Processo del X agosto nella Torre di San Mauro, dedicato alla domanda su quale fosse il vero Rubicone, ha emesso un verdetto contrastante. Dopo le arringhe, una per ogni fiume, la giuria, composta dal pubblico presente, ha decretato la vittoria del Pisciatello-Urgòn. Non ne è risultato, com'è ovvio, un mutamento della geografia. In questo secolo l'Uso è stato oggetto di sontuosi lavori di messa in sicurezza contro le esondazioni; nonché della realizzazione di percorsi pedonali e ciclabili: il primo, nel tratto finale tra San Mauro e Bellaria; il secondo, con la partecipazione di tutti i comuni attraversati. Pascoli, che lo cita in una bella poesa d'ambientazione romagnola, L'asino,in una famosa lettera del 1897 al sindaco di San Mauro, lo pone a confine, assieme al Rio Salto, del suo “mondo ideale” con al centro “la chiesuola della Madonna dell'Acqua e il camposanto fosco di cipressi”.
RIO. E' il Rio Salto. In dialetto e' Rè ovvero il Rio senza ulteriori specificazioni. Non servono. Per gl'indigeni è il “fiume” che sentono come loro; come parte della loro identità e componente non banale della narrazione orale della “piccola patria”. Si favoleggia di esondazioni che giungevano fino alla piazza principale; si racconta di un vasto e profondo e pericoloso gorgo; di un ponte a schiena d'asino ch'era la dannazione dei carrettieri... Ma è stato con Pascoli che il Rio Salto, ruscello di villaggio, è entrato a vele spiegate nell'immaginario nazionale. Infatti, ben oltre la lettera che il Poeta scrisse al sindaco di San Mauro in cui, assieme all'Uso, lo definisce confine del suo “mondo ideale”, il Rio Salto scorre nelle sue poesie a partire dalle giovanili, per l'esattezza, dalla prima in cui rammenta il paese natale: è intitolata Lo so... (1877) e si conclude con questo verso: “Lungo la riva del mio dolce fiume”. Del fiume Pascoli non dice il nome. Ma dieci anni dopo la poesia compare, con qualche modifica, nell'opuscolo per le nozze del fratello Raffaele col titolo Rio Salto. La stessa ricorrerà nelle diverse edizioni di Myricae a partire dalla seconda del 1892. Infine non è chi non rammenti il secondo verso della famosa Cavalla storna: “sussuravano i pioppi del Rio Salto”, e, sempre nei Canti di Castelvecchio, la poesia Il bolide della sezione Il ritorno a San Mauro dove risuonano le parole: “In via con me non c'eri, / in lontananza, se non tu, Rio Salto”.
Gianfranco Miro Gori
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