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ombre piazza san mauroUna fredda e umida serata di inizio Dicembre. Mentre stavo chiudendo le porte della chiesa, mi raggiunge un signore di san Mauro e mi indica un angolo buio della piazza: “vede don, laggiù dietro la fontana, sotto al cornicione c’è un uomo steso per terra avvolto in una coperta, mi fa una gran compassione ma io non so proprio cosa fare”. Sono andato a vedere… nel frattempo era arrivato anche un assessore del comune, chiamato al telefono dallo stesso signore. Dopo un breve dialogo, in cui cerchiamo di capire la sua situazione, dopo aver chiarito la sua identità con una telefonata ai carabinieri che già lo conoscevano, decidiamo di farlo dormire in canonica.  Al mattino presto, mentre prendiamo il caffè, mi mostra i suoi documenti e un regolare permesso di soggiorno, e anche un contratto di lavoro scaduto da pochi mesi. E mi racconta di come lui venuto dalla Libia pieno di buona volontà e in cerca di fortuna, ha vissuto questi sette anni in Italia.

Una serie di umiliazioni, disavventure, miseria, malattie, lavoro a singhiozzo e abitazioni precarie; fino a quando non ce l’ha fatta più e si è lasciato andare… depressione e alcool.

A me pare che molti dei poveri oggi, anche italiani, anche giovani, sono quelli che non ce la fanno più… non riescono a reggere le difficoltà, mancano di quel capitale umano fondamentale che è la determinazione, la forza di volontà, la capacità di reggere i ritmi e le pressioni che richiede il mondo del lavoro. Sono persone fragili, con poca autostima, che già provengono da famiglie e situazioni problematiche. Soffrono di una mancanza di tipo educativo, relazionale, emotivo, sociale; persone che spesso sembrano disadattate rispetto a una società che richiede prestazioni troppo alte per loro. Persone che cedono, non ce la fanno, e finiscono per sentirsi rifiutati e umiliati dal mondo del lavoro.

Troppo spesso, nel pensiero comune, queste persone vengono considerate semplicemente pigre, senza voglia di lavorare, opportuniste. Ragion per cui, si conclude, è giusto togliere loro il reddito di cittadinanza, non lo meritano.

Ha fatto bene il nuovo governo della Meloni… dicono in tanti. Per carità, sia ben chiaro che non intendo esprimere un giudizio di tipo politico, non compete a me, tantomeno sulle pagine di questo giornale online letto da tanti sammauresi.

Ma mi sembra che chi ha responsabilità politiche importanti, non conosca in profondità il mondo dei poveri. C’è una distanza, per cui tutto viene deciso a tavolino, dall’alto, in modo molto teorico.

Non si tratta di aumentare o diminuire il reddito di cittadinanza, non è questo che toglierà dalla povertà, ma di sostenere e accompagnare quei tanti che per motivi complessi mancano di quelle “risorse umane” fondamentali per inserirsi nel mondo del lavoro, ed è esattamente su queste “risorse umane” che bisogna far leva, predisporre dei percorsi che permettano di farle crescere.

È probabile che fra quel milione di italiani che attualmente percepiscono il reddito di cittadinanza ci siano i soliti furbetti e opportunisti, ma non per questo si può concludere che quel milione di italiani non ha voglia di lavorare, quindi non meritano quell’aiuto.

Una delle acquisizioni più importanti delle moderne democrazie, ben convalidata dalle scienze psicologiche, sta nel considerare il lavoro come fonte di realizzazione e dignità per la persona. Attraverso il lavoro una persona sente di essere utile, vive una sorta di reciprocità e di scambio con la società, si relaziona, diventa parte di una storia, è protagonista. Senza di questo ci si sente come emarginati dalla vita sociale, si diventa invisibili, scartati. Per di più si finisce per avvertire la propria povertà come una colpa e quindi non meritevoli di sostegno. Quando un giovane, pur potendo lavorare, preferisce stare seduto a casa per anni, qualche problema ce lo deve avere… ma nelle nostre società, dove l’economia e il PIL hanno divorato tutto e sono diventati il principio ispiratore di ogni decisione, questo purtroppo è un dettaglio trascurabile.

Lo dico con rispetto, ma anche con franchezza: rimango un po’ perplesso quando sento pronunciare così spesso la parola “merito” nei programmi esecutivi del nuovo governo. Come se si dovesse dividere il mondo fra chi merita e chi invece non merita nulla. Quando si parla dei poveri bisognerebbe fare molta attenzione e leggere ogni situazione con vero spirito di discernimento.

Anche perché il Vangelo ha insegnato a tutto l’occidente che una persona vale ed è importante non per quello che produce e merita, ma per la sua inviolabile dignità di figlio di Dio.

Buona Pasqua 2024

Pubblicato il 26.03.2024 - Categoria: Vignette

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