È proprio la storia incredibile di Lavinio Lucchi per tutti “Giola” un Sammaurese che ha vissuto un'esperienza incredibile che ne ha passate di tutti i colori, che oggi vogliamo raccontarvi.
Una storia che potrebbe essere la trama di un romanzo ma invece è una storia vera.
Lavinio Lucchi, fante appartenente al “Comando Deposito 89° Fanteria Genova”, è ufficialmente dichiarato disperso il 12/12/1942 nella battaglia di Nowo Kalitwa sul fiume Don in Russia, poi incredibilmente e miracolosamente Lavinio è ricomparso.
Nella primavera-estate del 1942 alle Armate Tedesche sul fronte Russo del medio Don vennero affiancati diversi Battaglioni Italiani per un totale di 230/mila soldati.
I nostri soldati si trovarono ad operare sulla piatta steppa del Don, a combattere un genere di guerra per la quale, sia per le condizioni ambientali sia per la preparazione sia per i mezzi che avevano in dotazione, non erano assolutamente addestrati.
Il 19 novembre 1942 l'Armata Russa scatenò l'offensiva sul fronte del Don, i nostri soldati riuscirono per circa un mese a resistere agli attacchi Russi, fedeli al motto “DI QUI NON SI PASSA", pur con un rapporto d'inferiorità di 1:13.
Purtroppo con una “manovra a tenaglia” i sovietici riuscirono ad aggirare le nostre truppe costringendo i nostri soldati a ritirarsi, nella più tragica e disumana forzata marcia mai vista e mai immaginata.
Uomini costretti a marciare con temperature di 40° sotto zero, senza cibo, senza mezzi di trasporto solo con pochi muli, senza un abbigliamento idoneo e senza potersi prendere cura dei compagni feriti e caduti.
Terribili e crude le immagini della ritirata.
Il mattino del 26 gennaio 1943 i soldati Italiani, in gran parte Alpini della “Tridentina", giunsero allo scontro finale a Nikolajewka (oggi Malenka Aleksandrowka).
Alle 9,30 i soldati Italiani agli ordini del Generale Reverberi attaccarono e dopo 10 ore di combattimenti riuscirono a sfondare le linee nemiche.
Dei 61.155 soldati che avevano marciato dal fiume Don solo 13.420 riuscirono a passare lo sbarramento di Nikolajewka.
Questa battaglia è stata commentata nel bollettino n. 630 del Comando Supremo Russo con questa citazione:
“SOLTANTO IL CORPO D'ARMATA ALPINO ITALIANO DEVE CONSIDERARSI IMBATTUTO IN TERRA DI RUSSIA".
ONORI AI NOSTRI SOLDATI.
Ecco amici Sammauresi Lavinio era proprio lì a Nowo Kalitwa sul fiume Don e dopo la battaglia il suo corpo era stato “ammassato” con quello di altri soldati morti.
Incredibilmente Lavinio non era morto e altrettanto incredibilmente una infermiera Russa si accorse che era ancora vivo.
Diciamo che aveva “solo” un principio di congelamento ai piedi e alle mani.
L'infermiera si prese cura di Lavinio. Inizialmente lo accolse nella sua casa dove lo ha curato, ma poi è stato trasferito in un campo di prigionia.
Purtroppo per il congelamento gli furono amputate tutte le dita del piede sinistro e una falange di un dito della mano sinistra.
Una grave amputazione ma Lavinio era vivo e questa era la cosa più importante.
Intanto a San Mauro Pascoli arriva la tragica notizia, Lavinio risulta disperso il 12 dicembre 1942 nella battaglia di Nowa Kalitwa sul Don.
Questa notizia getta la famiglia nello sconforto e nella disperazione, essere dichiarati dispersi in Russia non lascia grandi speranze di essere ancora in vita, ma la moglie Ornella Galeffi non ancora ventenne assolutamente non vuole credere a questa notizia.
Addirittura il 28 ottobre 1942 Lavinio era diventato babbo, la moglie Ornella aveva dato alla luce una bellissima bambina alla quale viene dato il nome Anita, ma il babbo è in Russia a combattere.
La moglie dentro il suo cuore sente che Lavinio non può essere morto e si aggrappa a tutto e a tutti.
In sella alla sua bicicletta si rivolge ad una “stregona" di Rimini, oggi si direbbe una “sensitiva”, che dopo aver consultato vari “giri di carte, pendolini, talismani e amuleti vari”, emette il suo responso: Lavinio non è morto, è vivo.
Dopo alcune settimane a San Mauro Pascoli si sparge la notizia che un soldato dato per disperso in Russia era stato ritrovato, era un militare di Piavola, un gruppo di case sopra Borello una frazione di Cesena.
La moglie di Lavinio non ci pensa due volte, inforca la sua bicicletta e parte per Piavola alla ricerca della Famiglia di questo soldato, con la speranza di avere notizie del marito.
Piavola dista da San Mauro Pascoli più di 40 kilometri e allora le strade non erano asfaltate come oggi...
Ornella incontra la famiglia di questo soldato e sentito il racconto che riguarda il loro figlio, prima disperso e poi ritrovato ferito ma vivo, spera che anche suo marito Lavinio sua vivo.
Questa famiglia gli racconta che il figlio aveva scritto di aver conosciuto e parlato con un soldato romagnolo molto probabilmente Lavinio, prima però della battaglia sul Don.
Un incontro di due Romagnoli tra centinaia di migliaia di soldati, un evento straordinario.
Dopo questo incontro Ornella è sempre più convinta che il marito è vivo.
Incredibilmente nella seconda metà del 1943 arriva a San Mauro Pascoli la notizia che non solo i familiari ma tutti i Sammauresi aspettavano Lavinio è vivo.
È purtroppo detenuto in un campo di prigionia in Siberia in condizioni terribili, e molti nostri soldati sono morti nei campi di prigionia.
Dagli archivi sovietici risulta che 54.400 soldati italiani raggiunsero i campi di prigionia e oltre 44.000 morirono all'interno dei campi.
A partire dal 1945 i prigionieri italiani iniziano a rientrare in Italia e Lavinio è molto indeciso su cosa fare, restare in Russia o tornare al suo amato paese, San Mauro Pascoli.
Questo è per lui un grande dilemma, ma il richiamo della Famiglia, dei suoi cari, della sua terra l'Italia, e la Romagna, prevalgono.
Non ha notizie di cosa sia successo alla sua famiglia a San Mauro Pascoli, nonostante ciò decide di tornare ma con una promessa: nel caso la sua famiglia non ci sia più sarebbe tornato in Russia.
Lavinio parte e inizia il viaggio di ritorno in Italia a San Mauro Pascoli, questo viaggio dura circa 40 giorni con la “Tradotta Militare Transiberiana”, un convoglio ferroviario adibito al trasporto di militari che passa attraverso la Mongolia, e arriva finalmente alla stazione di Cesena e poi a casa e ritrova tutti i suoi cari.
Alcuni amici del “Bar Gallo Nero” ricordano ancora i racconti di Lavinio della guerra, la prigionia, gli stenti, le sofferenze, i patimenti, ma anche la grande umanità e la solidarietà, ricevuta dalla popolazione Russa, nonostante fossimo degli invasori.
Dopo la nascita di Anita la famiglia di Ornella e Lavinio è allietata da una nuova nascita il 27/11/1946 arriva Wladimiro -Miro-.
Ecco, in questa terribile storia di guerra è arrivato “il lieto fine" ma noi non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo dimenticare l'immane tragedia che la guerra rappresenta.
Vogliamo ricordare tutti i caduti Sammauresi militari e civili che hanno perso la vita con una frase scritta sulla targa affissa al portabandiera e alla teca contenente l'elmo e le baionette, che si trova nella Chiesolina della Madonna dell'Acqua Monumento ai caduti Sammauresi:
“IN TEMPO DI PACE I FIGLI SEPPELLISCONO I GENITORI, IN TEMPO DI GUERRA I GENITORI SEPPELLISCONO I FIGLI".
“MAI PIÙ GUERRA, MAI PIÙ”.
NOTIZIE ANAGRAFICHE DI LAVINIO LUCCHI “GIOLA"
Lavinio Lucchi nasce a il 25 novembre 1920, muore il 29 aprile 1997, sposato il 26 marzo 1940 con Ornella Galeffi, nata il 6 settembre 1923, morta il 22 giugno 1996.
Dal matrimonio sono nati i figli Anita Lucchi nata il 28 ottobre 1942 e Wladimiro -Miro- Lucchi nato il 27 novembre 1946 coniugato con Alba Stacchini.
Un ringraziamento all'Amministrazione Comunale e alla Dott.ssa Giovanna Severi per le ricerche anagrafiche.
Testimonianza di Wladimiro -Miro- Lucchi e Alba Stacchini, figlio e nuora di Lavinio.
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