MILANO - «Non vuole essere confuso con il padre, Gianvito Rossi, figlio di quel Sergio che partendo dal laboratorio azienda di San Mauro Pascoli fece della scarpa femminile un oggetto quasi di culto. Dopo anni passati ad apprendere l’arte calzaturiera, dotato dell’ineffabile tocco d’eleganza che connota il dna familiare dai tempi di nonno Vito - capostipite della dinastia imprenditoriale - Gianvito spicca il volo con ali proprie. La sua è un’altra storia, intrisa della sapienza artigianale e dei dettami tradizionali appresi nell’azienda paterna, la Sergio Rossi, ma con un’interpretazione dell’oggetto scarpa assolutamente individuale. La personalità che si ritrova nella collezione primaverile Gianvito Rossi 2007, quella del debutto, è unicamente quella di Gianvito.
Espressione di una donna che ricerca non tanto la marca quanto la sostanza. Il che significa tradurre le tendenze in un «progetto basato sulla portabilità, sullo studio formale - come spiega lui - discreto e portatore di una femminilità che non si lascia ingannare dalle folate di colore e dai decori roboanti, ma che ricerca valori dietro l’estetica da passerella». Ci sono, nella collezione di Gianvito, 39 anni, spunti di tendenza come i plateau viola, rossi, verde smeraldo, le tomaie in raso stampa camouflage con tacchi di plexiglass; ma costruiti per valorizzare, non per stupire. Punta di un iceberg che affonda nel patrimonio di décolleté scolpite ad arte, sandali incrociati dai listini sottili (ma dal fondo in carbonio). Torna la «spuntata» e cocco, pitone e struzzo, tacchi in cuoio con finitura oro, contemporanei ma con un approccio misurato che privilegia classe e raffinatezza. Piacciono e molto, visto che la prima stagione al progetto hanno aderito 80 clienti tra cui i maggiori department store americani, il mitico Harrod’s, i buyer russi più rinomati. Piacciono tanto da indurre Gianvito a tentare subito la strada del monomarca. «Stiamo cercando una location a Milano», conferma lui da San Mauro Pascoli, dove insieme a 25 collaboratori fidati promette di protrarre ancora a lungo l’appeal del nome familiare.» (Tratto dal Corriere Economia del 22 gennaio scorso dal titolo “Fare le scarpe è un affare di famiglia” a firma di Monica Camozzi)
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