SAN
MAURO PASCOLI – (5 Luglio 2006) - A Miro Gori (nella foto), sindaco di
San Mauro Pascoli e poeta, il premio “Giustiniano Villa” per la poesia
in dialetto. La giuria del premio intitolato alla memoria del grande
poeta dialettale Giustiniano Villa, originario di San Clemente ed
inventore, tra l’altro, dei contrasti padrone-contadino, ha assegnato il
primo premio a La Cantèda de bandoi (La canzone del bandito) di
Miro Gori. La giuria, presieduta dallo scrittore Piero Meldini, ha
inteso premiare il poemetto di Gori dedicato alla figura del famoso
bandito Stefano Pelloni, detto il Passatore. Non c’è dubbio che Miro
Gori, studioso dilettante ( come ama definirsi) del suo grande
concittadino Giovanni Pascoli e infaticabile promotore di iniziative su
di lui, abbia subito pensato alla definizione pascoliana contenuta in
Romagna:“cui tenne pure il Passator Cortese re della strada, re
della foresta”. Il bandito di Gori, che monologa dall’aldilà non è
esattamente “cortese” nel senso codificato di qualcuno che ruba ai
ricchi per dare ai poveri. Nondimeno un’eco si trova al punto in cui
Pelloni, nella Canzone, afferma di avere infierito volentieri sui
ricchi e benestanti dediti alla “bella vita” e non contro i poveracci,
precisando “ tanto a loro non importa nulla di morire”.Lo Stefano
Pelloni di Miro Gori poi affronta i grandi temi del potere, dell’amore.Ma
soprattutto tende a ribadire due concetti: la centralità in vita del
gesto eroico e l’attaccamento viscerale alla terra di Romagna e alla
madre. Non a caso, braccato dai “birri” del capitano Zambelli, non
scappò – il che era relativamente facile – nel più tollerante Granducato
di Toscana, ma ritornò presso casa : Boncellino di Bagnacavallo: Si
rintanò in un capanno, e quando gli inseguitori lo raggiunsero, in
numero preponderante, uscì con le armi spianate, guardandoli in volto e
sparando contro di loro. Un eroe tragico. Un bandito che vuole morire
vicino a casa : ai luoghi della madre. A conferma del ruolo centrale
della donna, dell’azdora (reggitrice) nella società romagnola.
Non a caso Pelloni si faceva chiamare anche Malandar (Malandri)
dal cognome della nonna. I versi di Miro Gori sono, naturalmente, in
rigoroso sammaurese: lingua dell’area del dittongo assieme, per esempio,
al santarcangiolese dei grandi Baldini, Guerra, Pedretti, Fucci e
Rocchi. Gori che, come ammette lui stesso, da quando è sindaco di San
Mauro si dedica assai meno alla poesia, nel ritorno ai versi dopo il
poemetto La cantèda de faloi, di qualche anno fa: e due volumi
Strafocc (Cianfrusaglie, 1995) e Gnent (Niente, 1998) che
avevano ottenuto lusinghieri consensi critici.
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