La storia del cinema nasce all'insegna del cibo, perché se è vero che le immagini dei Lumière più ricordate sono l'arrivo del treno, e l'uscita dagli operai dalla fabbrica, accanto a queste campeggia Le repas de bébé (La colazione del bimbo). Di qui in avanti quello dedicato al rapporto cinema e cibo è stato quasi un “genere” cinematografico. All'interno del quale ha occupato un posto via via crescente un filone dedicato al vino che compare anch'esso sin dalle prime pellicole Lumière; e assume un posto sempre più importante mano a mano che ci avviciniamo al presente.
L'“immagine” del vino cambia. Pur essendo stato sempre un elemento della socialità umana, non rappresentava un esempio di alta qualità della vita. Oggi questo accade e il cinema lo registra e contribuisce al cambiamento. Così assistiamo a non pochi film in cui il vino e la sua produzione fanno parte del “buon vivere”, laddove spesso avevano avuto piuttosto un legame con l'ebbrezza in senso negativo.
Ci sono registi nella cui filmografia il vino scorre. Per esempio, Otar Ioseliani del quale citerò La caduta delle foglie, storia di un giovane enologo che si oppone alla distribuzione di una partita di vino non ancora pronta, sfidando le regole della pianificazione sovietica; e Lunedì mattina dove risuona la memorabile battuta: “In Francia il vino è solo una questione gastronomica, mentre in Italia è un fatto spirituale”. E ancora: Claude Chabrol e Bertrand Tavernier che disseminano i loro film di riferimenti enologici...
Ci sono film in cui il cibo e il vino sono assolutamente centrali come il memorabile Pranzo di Babette di Gabriel Axel o altri, citando alla rinfusa, in cui il vino ha un ruolo importante come Il ferroviere di Pietro Germi o Novecento di Bernardo Bertolucci.
Ma troppe sarebbero le opere che dovrei citare, quindi mi limito a chiudere questo sintetico scritto con un bell'aneddoto raccontato da Billy Wilder. All'uscita del suo film Giorni perduti (sulla vicenda di uno scrittore alcolizzato, per l'esattezza dedito non al vino ma al wisky), viene chiesto a uno spettatore se il film gli era piaciuto. “Bellissimo, risponde costui, mi ha messo la voglia di smettere”. “Di bere?”. “No. Di andare al cinema”.
Gianfranco Miro Gori
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