C’è un grande vuoto attorno al nostro poeta: cineprese che non si accendono, serie televisive che non decollano. Un “atomo opaco del male” di nome cinema, da estendersi alla moda d’oggi, chiamata fiction. Di Pascoli si parla in tante le salse, finiti sono i tempi del poeta “sfigato” e misogino, soggiogato da una sorella tirannica. Da tempo, e grazie a San Mauro, il poeta va ben al di là dei confini accademici, persino icona pop, tanto che il sindaco ne ha decantato le lodi di buongustaio addirittura su Rai 3 nazionale, mentre al Consorzio della Piadina ha ispirato una campagna mediatica internazionale. La sua biografia si arricchisce di aneddoti che rendono filmabile la sua storia: omicidio impunito del padre, turbolenza giovanile, la prigione a Bologna, cattedre in Italia, amori e addirittura un figlio…
Sempre qualcosa in più si sa di lui. Eppure ancora non basta. Manca la pedina più importante, quella che farebbe conoscere San Mauro a un immenso pubblico: un film o una serie tv. Costa osti questo passo rimane un mistero. Si è riusciti a realizzare un film persino su Giacomo Leopardi, non proprio un campione di vitalità, ma su Zvanì ancora tutto tace.
E a proposito del “Giovane favoloso”, oltre a un film di successo con il grande Elio Germano, la pellicola è stata uno spot per la città di Recanati. L’ho toccato con mano lo scorso anno, quando ci sono andato. La visita guidata a Casa Leopardi era in gruppo, più della metà dei partecipanti chiedeva informazioni sulle scene del film, cercava riscontri del set. L’uscita del film, disse la guida, ha aumentato in maniera spropositata le visite. Insomma, un volano turistico più efficace di dieci campagne dell’Apt.
Con Pascoli ancora non avviene. Eppure gli estimatori non mancano. Bellocchio e Avati hanno sempre manifestato l’ammirazione per il poeta, il grande Paolo Conte ha detto di “amare Pascoli”, Lino Guanciale, Isabella Ragonese e Monica Guerritore hanno dato voce alle sue poesie. Manca sempre il passo decisivo, quello che conta.
Una semplice domanda: perché?