Non bisogna essere laureati per affermare che il grande sconfitto di queste elezioni a San Mauro, e più in generale in Italia, è il Partito Democratico. La pioggia era prevista, in pochi avrebbero pensato alla tempesta. Può starci la magra consolazione di una tornata elettorale nazionale, impossibile non vederne i riflessi anche in ambito locale come ha ricordato il segretario Eros Fioroni. Fra un anno si tornerà alle urne per eleggere il sindaco, più di un brivido sarà corso negli esponenti del Pd locale. Non è azzardato dire che siamo di fronte a una svolta storica: il partito di sinistra o di centrosinistra per la prima volta ha perso il suo primato nel paese. Rischiando addirittura di passare al terzo posto, tallonato d’un nulla dalla Lega.
I numeri di questa tornata sono impietosi: in soli cinque anni il Pd ha perso qualcosa come 600 voti, numero imponente su un elettorato di poco inferiore ai 7000 votanti. I dati parlano chiaro: dal 29,5% del 2013, è sceso al 20,3%.
In realtà siamo di fronte a un trend in flessone di lunga data, impensabile solo una decina di anni fa. Fino al 2008 infatti il centro sinistra nelle elezioni nazionali veleggiava sopra il 40%, la flessione del 2013 dunque era stata una prima avvisaglia. Nelle politiche del 2008 Pd al 42%, politiche del 2006 al 40,8%, nel 2001 Ds e Margherita sommavano 40,9%, nel lontano 1996 sempre l’Ulivo era al 56,8%. A conti fatti in 22 anni il centrosinistra (Ulivo o Pd) ha lasciato per strada qualcosa come circa 2000 voti (1982 per la precisione). Uno sproposito.
Quanto questo si ripercuoterà nelle prossime comunali è tutto da vedere. I sindaci di centrosinistra negli ultimi 30 anni si sono sempre presentati con l’appoggio di un’ampia coalizione, e hanno sempre raccolto più del loro partito di provenienza. Unica eccezione le ultime comunali quando il Pd prese alle europee il 46,6%, la Garbuglia il 41%, primo sindaco dal 1995 sotto la soglia del 50%. A determinare il dato i probabili strascichi delle primarie che avevano diviso il partito. Resta la situazione generale di incertezza. E un auspicio: che l’intero anno che ci separa dalle urne non si trasformi in una campagna elettorale a oltranza. Il primo a farne le spese sarebbe il bene del paese. (FF)